Deforestazione e filiere agroalimentari: quale legame?
Negli ultimi cinque anni nel mondo si sono persi 10 milioni di ettari di copertura forestale all’anno, all’incirca la superficie della Bulgaria. Benché nel mondo la perdita forestale netta, compensata dall’espansione e dalla riforestazione sia minore e pari a 4,7 milioni di ettari all’anno, tuttavia la perdita di foresta primaria nelle regioni tropicali continua a ritmi preoccupanti. La perdita di foreste ha un impatto di lungo periodo sulla regolazione del clima del pianeta, sulla biodiversità e le popolazioni che ci abitano.
Se la deforestazione tropicale fosse equiparata a un paese in termini di emissioni, sarebbe il terzo al mondo dopo la Cina e gli Stati Uniti. Dagli anni ’60 più di metà delle foreste tropicali sono andate perse con un nesso sempre più evidente tra la domanda di prodotti agricoli come causa principale della deforestazione.

Notizie più confortanti ci vengono da studi recenti che indicano che le soluzioni basate sulla natura e l’uso dei terreni possono contribuire al 37% o 11.3 Gt CO2 della mitigazione climatica richiesta entro il 2030 e limitare il riscaldamento entro i 2°C di aumento. Di questo importante contributo, quasi due terzi può essere raggiunto con interventi di conservazione e ripristino forestale e miglioramento della gestione di foreste tropicali, mangrovie e torbiere. Per metterle in atto è necessaria un’azione sistemica di reindirizzamento di investimenti e fondi e di riduzione della deforestazione.

Impatto locale, cause globali
Le principali cause della deforestazione e del degrado forestale, altrettanto grave, sono legate alla domanda globale di pochi prodotti agricoli il cui utilizzo causa la conversione di foreste in aree agricole. A queste cause si aggiungono l’utilizzo insostenibile di legname, la costruzione di infrastrutture come strade e oleodotti, l’estrazione mineraria è causa di frammentazione e degrado forestale.
Nelle foreste tropicali, al cuore del problema c’è l’espansione agricola sostenuta dalla domanda di specifici prodotti, la pressione del mercato, le preferenze alimentari, l’inefficienza nelle pratiche agricole e lo spreco alimentare. La domanda di sei prodotti è all’origine della maggior parte della deforestazione: la carne e il bestiame inclusa la pelle, l’olio di palma, la soia, il caffè, il cacao, il legname.
Se invece si sposta lo sguardo sulle foreste temperate europee, nord americane e russe la causa principale della deforestazione (83%) è la domanda di legname, seguita dagli incendi (12,7% ) e dall’urbanizzazione (2.2%).
Perché l’Europa è parte in causa del problema?
Studi indicano che l’Europa, insieme a Cina e Stati Uniti, è tra i principali importatori di prodotti legati alla deforestazione o Forest Risk Commodities (FRCs), tra cui l’olio di palma (27%), il mais (30%), lo zucchero (14%), il manzo (12%) e la soia (10%). Per alcuni prodotti come il cacao e il caffè, l’Europa è il principale importatore mondiale con quote del 60% e del 50%. L’impatto dei consumi europei sulla deforestazione è talmente rilevante che nel 2021 la Commissione europea, su pressione del Parlamento, ha pubblicato una Proposta di regolamento europeo sui prodotti senza deforestazione.
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Il problema della deforestazione è così grave che gli obiettivi climatici non sono credibili senza seri provvedimenti per ridurre la deforestazione.
Le responsabilità dei paesi europei variano molto in base al mix di importazione e consumo dei prodotti più a rischio. Nove paesi tra cui l’Italia sono responsabili dell’importazione del 70 % di FRCs.
Uno dei problemi principali per cui importazioni e consumi rimangono sottotraccia nei paesi europei è che le emissioni associate alla deforestazione non vengono attribuite ai paesi importatori ma sono conteggiate negli inventari di gas serra dei paesi produttori.

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In Italia di tutte le emissioni di gas serra legate all’agricoltura, quasi un terzo sono attribuibili al consumo di prodotti che causano deforestazione.
Azioni multilaterali, obiettivi ancora lontani
In assenza ancora di un regolamento europeo che obblighi paesi e attori a tracciare l’impatto delle FRCs, il settore privato, le ONG, i governi e gli istituti di ricerca stanno lavorando per migliorare le filiere di approvvigionamento. Nove paesi europei, tra cui l’Italia, hanno costituito l’Amsterdam Declaration Partnership, con l’intento di collaborare con i principali stakeholders delle filiere legate alle FRCs e ridurne l’impatto.
Il miglioramento dei dati satellitari tramite le piattaforme Copernicus, NASA e Global Forest Watch hanno consentito progressi enormi nel tracciamento delle aree deforestate nei paesi a rischio. Strumenti sofisticati e accurati, di libero accesso come Trase Earth, messo a punto dallo Stockholm Environment Institute e Global Canopy, ora sono in grado di visualizzare e tracciare non solo le aree di produzione delle commodities agricole poi consumati in Europa, ma anche gli attori intermedi, gli elementi chiave nella filiere di produzione e consumo e di attribuire il consumo di un certo prodotto all’area di produzione, identificando se questa è stata oggetto di deforestazione o meno. Trase Earth è stata ed è una rivoluzione nel mondo delle filiere, per essere una piattaforma di libero accesso e per applicare dati satellitari e in situ alla tracciabilità delle filiere. Ci sono molti ambiti di miglioramento nel livello di dettaglio dei dati, ma il tracciamento geospaziale ha cambiato le regole del gioco di filiere prima opache o inaccessibili.
Sul fronte certificazione e produzione sostenibile, oltre agli schemi FairTrade e RainForest Alliance, per molte commodities sono stati sviluppati specifici standard di certificazione, sviluppati in tavole rotonde permanenti che vedono la partecipazione di ONG, società civile, le stesse industrie. E’ il caso di successo del Round Table of Sustainable Palm Oil e il Round table on Sustainable Soya.
Il settore privato e le multinazionali hanno sviluppato spesso i propri standard e piattaforme per portare alla luce gli aspetti meno sostenibili nelle catene di valore. Nespresso ha lanciato lo standard AAA per migliorare gli standard di sostenibilità nelle piantagioni di caffè. Gli ultimi anni hanno visto un vero e proprio boom di forme ibride di governance sostenibile all’interno di grandi industrie e multinazionali.
Parallelamente si sono formate alleanze e coalizioni tra diversi attori della filiera di una commodity, tra cui produttori, intermediari, acquirenti ma anche la società civile e i governi per affrontare i molteplici problemi, come il salario minimo, la deforestazione, un prezzo minimo per i produttori. È il caso della Global Coffee Platform, della Cocoa&Forests Initiative, del Soft Commodities Forum sviluppato da sei giganti mondiali dell’agroalimentare e del Consumers Goods Forum.
Molte piattaforme indipendenti di filiere, sviluppate da organizzazioni non profit di altissimo livello per migliorare il tracciamento delle filiere e il rischio di deforestazione, sono ora a disposizione del settore privato. Tra queste la Global Forest Watch Pro che fornisce strumenti al settore privato per identificare i rischi nelle loro filiere.
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Nel mondo più di 150 società private si sono impegnate raggiungere l’obiettivo di zero deforestazione nelle loro filiere, ma gli obiettivi non sono ancora abbastanza ambiziosi per generare un impatto significativo.
Se il tracciamento sta migliorando al pari di iniziative e impegni corporate, perché la deforestazione prosegue a un ritmo allarmante? Certamente non tutta la deforestazione è guidata dai consumi di prodotti a rischio. Una parte sostanziale dipende ancora da pratiche di shifting agriculture, molto diffuse in Africa e di slash and burn locali per aumentare la superficie agricole per autoconsumo e consumi locali.
Sul fronte consumi globali le società si impegnano in modo diverso: alcune hanno obiettivi stringenti di riduzione della deforestazione, altre ammettono la deforestazione a patto che sia compensata da riforestazione altrove e viene chiamata “zero net deforestation”. Per la maggior parte la data di cut off è ancora il 2020, poche società l’hanno aggiornata al 2030.
Secondo Forest 500, un ambizioso e importante progetto di Global Canopy, che monitora e valuta gli impegni di società e istituzione finanziarie esposte nelle loro attività alla deforestazione, questi sono gli ultimi risultati della valutazione nel 2023, che comprende anche società come Ferreo, Natuzzi, Prada e banche italiane tra cui Banca Intesa e Unicredit.
Tre quarti delle 350 società monitorate da Forest 500 non hanno un impegno su tutte le attività o filiere, 117 su 350 società non hanno alcun impegno
Molte società con impegni di ridurre la deforestazione non danno prova di come implementano questo obiettivo, in particolare per le filiere della soia, della carne e della pelle
Le compagnie valutate da Forest 500 non hanno un codice etico di rispetto dei diritti umani nei confronti delle popolazioni locali e ignorano i costi umani della deforestazione.
Il merito di Forest500 è di avere aumentato la trasparenza dell’impegno delle grosse società e istituzioni finanziarie nei confronti della deforestazione.
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Gli investimenti nel mondo che ancora supportano la deforestazione ammontano a più di 5,5 trilioni di dollari, mentre le soluzioni basate sulla natura ricevono solo il 2,5% della finanza climatica
L’adozione del Regolamento europeo sulla deforestazione può essere davvero un game changer. Uno degli elementi chiave di tale proposta è l’obbligo di due diligence per operatori e grossi importatori di prodotti legati alla deforestazione di dimostrare che i prodotti non causano deforestazione. In aggiunta i paesi esportatori saranno valutati secondo un benchmark, che valuta il tasso di deforestazione.
Benché gli ambiti di miglioramento di questo Regolamento siano molti, come evidenziato e proposto da un Rapporto di GreenPeace del 2022 e dalla ONG Fern in questo opinion paper, l’adozione di questo Regolamento può rappresentare un radicale cambiamento in Europa verso la deforestazione, a cui importatori, aziende dell’agroalimentare e consumatori sono chiamati a rispondere.
Link Monitora le foreste nel mondo con Global Forest Watch