Biodiversità

La legge europea sul ripristino della natura tra ambizione e compromessi

Migliorare lo stato di conservazione di foreste, corsi d’acqua, torbiere e prati, ecosistemi agricoli, per salvaguardare la biodiversità e lottare contro il riscaldamento globale: sulla carta questi obiettivi mettono tutti d’accordo.

Anche dal punto di vista economico i benefici del ripristino di un’ampia gamma di paludi, torbiere, foreste, lande e arbusteti, fiumi, laghi, habitat alluvionali dell’UE sono inoppugnabili e possono essere stimati nell’ordine di 1860 miliardi di euro, mentre i costi stimati sono molto inferiori, nell’ordine di 154 miliardi di euro.

La proposta di legge sul ripristino degli ecosistemi ha invece polarizzato la società civile, con associazioni di agricoltori e di pescatori che si opponevano alla legge accusandola di minare la sicurezza alimentare in Europa. Sul fronte dei sostenitori oltre ad associazioni ambientaliste, c’erano l’industria delle rinnovabili, aziende come Nestlé e Ikea che chiedevano di tenere alta l’ambizione. In una lettera aperta, 6000 scienziati hanno chiesto l’approvazione della legge, invitando alla riduzione nell’uso di pesticidi per garantire la sicurezza alimentare nel lungo periodo.

Lunedì 17 giugno 2024, il Consiglio dell’Unione Europea  ha approvato in via definitiva la legge sul ripristino della natura,  una delle proposte chiave del Green Deal europeo.

Quali sono i contenuti della legge?

La legge rappresenta un importante progetto di riqualificazione degli ambienti naturali che non riguarderà solo le aree protette, ma tutti gli ecosistemi, compresi i terreni agricoli, le foreste, le aree urbane e i fiumi. Essa  rappresenta la punta di lancia di uno dei tre assi dell’European Green Deal, lo sforzo senza precedenti di reinventare l’economia europea attorno alla transizione energetica, la salvaguardia della biodiversità e il passaggio a un’economia circolare.

Gli obiettivi chiave della legge sono:

  1. L’obbligo per i paesi europei di ripristinare almeno il 20% delle superfici terrestri, marine e acquatiche entro il 2030
  2. L’obiettivo vincolante di ripristino di almeno il 30% degli habitat degradati entro il 2030, che salirà al 60% nel 2040 e al 90% entro il 2050
  3. Piani di azione nazionali con obiettivi, misure per attuarli ed indicatori specifici sui fiumi e gli insetti impollinatori

La legge è ambiziosa? Un passo avanti ma con compromessi

Josef Settele, entomologo presso il  Centro di Helmholtz per la Ricerca ambientale ed ex-copresidente di IPBES, la piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici, ribadisce che le negoziazioni sono state un passo avanti ma il ripristino di solo il 20% degli ecosistemi è un obiettivo ben meno ambizioso del target del 30% previsto dagli accordi globali sulla biodiversità di Montreal del 2022.

Agricoltura

Il vero cuore della proposta riguarda i terreni coltivati, che negli ultimi decenni sono stati oggetto di forte degrado per pratiche agricole aggressive che hanno minato la qualità del suolo, la capacità di accumulare carbonio, la biodiversità e la qualità di aria e acqua. Per le aree agricole sono previsti dei “freni d’emergenza”: la possibilità per gli agricoltori di congelare gli obiettivi  di ripristino, per un anno al massimo,  nel caso la produzione alimentare fosse  a rischio.

I paesi membri dovranno metter in atto misure per migliorare lo stato di almeno due dei seguenti indicatori chiave sullo stato di salute dei terreni agricoli:

  • l’indice delle farfalle dei prati
  • la percentuale di terreni agricoli con paesaggi ad alta biodiversità (High Diversity Landscape Features)
  • lo stock di carbonio organico  nei terreni agricoli

Mari e fiumi

L’obiettivo originario di rinaturalizzare 25.000 km di fiumi  entro il 2030 è stato  abbassato a 20.000 km, ma nel complesso  la misura non è stata annacquata, mantenendo  anche la misura che prevede il ripristino del 15%  dei fiumi nella loro lunghezza.

Torbiera di Lazzacco - Biotopo di 15 ettari Friuli centrale - Italia
Torbiera di Lazzacco - Biotopo di 15 ettari Friuli centrale - Italia

Ecosistemi urbani

L’obiettivo di arrivare a fermare la perdita nette di aree verdi urbane entro il 2030 è stato salvato, rafforzandolo con una generica previsione di aumenti progressivi delle superfici verdi entro il 2040 e 2050.

Foreste

Le foreste europee sono sottoposte a sempre maggiore  stress  causato dai cambiamenti  climatici. Nel solo 2022, un numero record di incendi ha interessato 900.000 ettari di foreste, all’incirca la dimensione della Corsica. A causa dell’impatto dell’aumento delle temperature su alcune specie, tra cui l’abete rosso, il valore dei terreni forestali è previsto in declino del 27%  per la fine del secolo.  A queste pressioni si aggiunge l’impatto crescente delle attività umane che con infrastrutture, aumento dei prelievi forestali, cambio di uso del suolo ha frammentato la superficie  forestale rendendola più vulnerabile. La legge prevede obiettivi e criteri specifici  di ripristino forestale:  la qualità dei serbatoi di carbonio,  la connettività ecologica tra le foreste, la presenza di specie native.

Tuttavia alcuni indicatori  specifici di monitoraggio della biodiversità sono stati rimossi.

Il monitoraggio dello stato delle foreste giocherà un ruolo fondamentale e dipenderà dall’approvazione della Proposta quadro di monitoraggio forestale presentata nel novembre 2023.

Fonte – Agenzia Europea per l’Ambiente
Fonte – Agenzia Europea per l’Ambiente

L’urgenza dell’inversione di marcia

Secondo il biologo e premio Pulitzer Edward O. Wilson, l’impatto dell’uomo sulla Terra è tale che sono necessarie misure radicali, proporzionali alla gravità della situazione. Nel suo libro “Metà della Terra. Salvare il futuro della Vita”,  propone di destinare metà della superficie della Terra all’uomo e metà a un’immensa e inviolabile riserva naturale per milioni di specie animali e vegetali. Solo grandi superfici possono ospitare un numero molto maggiore di ecosistemi e quindi di specie. Al crescere delle dimensioni delle riserve, cresce anche la varietà delle forme di vita che vi sopravvivono. Con metà della superficie destinata a riserva, i calcoli relativi agli ecosistemi esistenti indicano che si stabilizzerebbe almeno l’80% delle specie.

Globalmente l’attuale tasso di estinzione delle specie conosciute è cresciuto di quasi mille volte e sta accelerando, nonostante tutti gli sforzi del movimento globale per la conservazione, non resta che affidarsi a criteri scientifici per stabilire lo spazio necessario per salvare la biodiversità.

Secondo l’ultimo studio sullo Stato della natura  dell’Agenzia europea dell’ambiente l’81% degli habitat protetti e il 39% delle specie di uccelli protetti si trovano in un cattivo stato di conservazione. Le cause vanno ricercate nelle continue pressioni antropiche sui sistemi naturali, quali l’agricoltura intensiva, il consumo di suolo, l’inquinamento, la silvicoltura non sostenibile e il cambiamento climatico. La proposta di legge poggia su queste fondamenta, ovvero sul fatto che ecosistemi sani forniscono alimenti e sicurezza alimentare, acqua pulita, pozzi di assorbimento del carbonio e protezione dalle catastrofi naturali provocate dalla crisi climatica.

Benchè l’Unione europea abbia già delle leggi per la protezione di ecosistemi e  specie animali come la Direttiva Uccelli, la Direttiva Habitat, per proteggere la biodiversità animale, insieme alla Direttiva acque e un Regolamento sulle specie esotiche invasive, tuttavia studi recenti evidenziano che gli obiettivi di queste direttive sono lontani da essere raggiunti negli Stati membri.

Solo il 23% delle specie monitorate dalla Direttiva Habitat sono in buona salute

Attualmente una specie su dieci di api e farfalle è in via di estinzione e più del 70% dei suoli è in cattivo stato di conservazione a causa di cattive pratiche di gestione agricola e degli allevamenti intensivi e del loro impatto su suolo, acqua e aria.

Iris sibirica specie indicatrice di prati umidi - Foto Roberto Pizzutti

Tra gli habitat in rapido peggioramento ci sono le paludi, le torbiere, le dune e i prati.  L’Europa  è il secondo maggiore emettitore  di gas serra  causate dal prosciugamento delle torbiere, pari a 230 Mt CO2eq/anno. 

I prati stabili europei insieme ad altri habitat pascolati sono strettamente interconnessi alle attività agricole. L’agricoltura interessa in Europa circa il 45% delle superfici terrestri, ed assume pertanto un ruolo determinante nella conservazione o meno della biodiversità. Dal 1990 al 2003 le superficie a prato sono diminuite del 13%.

Ripristinare gli ecosistemi in buono stato di salute è una condizione essenziale anche per lottare contro il riscaldamento globale. Ecosistemi agricoli e forestali sani sono in grado di assorbite e accumulare carbonio nei suoli e nella biomassa. Zone umide rinaturalizzate permettono inoltre di attutire gli effetti delle inondazioni.

Questa non è solo una legge per la natura, ma anche per il clima e la salute dei cittadini.

Ogni euro investito in ripristino produrrà un ritorno tra i 9 e i 38 euro in servizi ecosistemici. Un’opportunità da non perdere prima delle prossime elezioni europee nel 2024.

Approfondimenti
Stato dei prati in Europa – EU Grassland Watch