Neutralità climatica

Neutralità climatica o net zero: che cosa vuol dire?

Termini come net zero o emissioni nette pari a zero, neutralità  climatica, emissioni compensate, climate positive stanno entrando nel vocabolario comune di politici, aziende, ONG e di tutta la società civile. Concetti e obiettivi che possono a volte generare confusione tra i non esperti perché non solo non si equivalgono, ma sono espressione di politiche e azioni climatiche spesso robuste e credibili ma anche nei casi più estremi di green washing.

È importante capire il significato di questi concetti e le trasformazioni profonde che comporta la loro implementazione, perché riguarda non solo tutti i settori economici ma anche gli stili di vita di tutti noi e i valori fondamentali della società verso cui stiamo transitando. Il 2050 non è una data di scadenza lontana, bensì un processo in corso che prima avviamo e integriamo nelle nostre vite, maggiori sono le probabilitá di ridurre gli effetti nefasti della crisi climatica.

Dal punto di vista delle politiche climatiche, raggiungere la neutralità climatica al 2050 è uno degli obiettivi cruciali dell’Accordo di Parigi sul clima sottoscritto da 195 Paesi, per contenere il riscaldamento globale entro 1,5 °C entro la fine del secolo.  Una società climaticamente neutrale è anche l’obiettivo del Green Deal europeo, che è diventato legge nel giugno 2021 con l’approvazione della Legge clima da parte del Parlamento europeo.

Per iniziare a fare chiarezza, la neutralità carbonica non corrisponde alla neutralità climatica e le differenze sostanziali sono indicate nella seguente scheda.

Neutralità climatica o net zero: che cosa vuol dire?

Chiarito che la neutralità climatica è un concetto emerso dalle politiche globali sul clima, per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi i paesi adottano traiettorie e impegni differenziati che dipendono da molti elementi.

Nel rapporto dell’IPCC “Riscaldamento globale di 1,5 C° del 2018, tutti i settori dovranno intraprendere cambiamenti rapidi, di lungo periodo e su scale senza precedenti. A livello europeo, raggiungere la neutralità climatica, come da traiettoria visualizzata nel grafico “Pista nera di sci”, già a partire dal 2020 si dovevano e ora con maggiore urgenza si devono mettere in atto  drastica riduzioni delle emissioni in tutti i settori.

Neutralità climatica o emissioni nette pari a zero: oltre gli obiettivi della comunità scientifica

Questo comporta cambiamenti molto difficili da accettare, che vanno ben oltre i cambiamenti che ci sono stati durante il periodo del Covid-19  –  circa – 7%  delle emissioni di gas serra – e che non riguardano solo il settore energetico.

Per esempio nel settore trasporti, sebbene sia difficile immaginare una drastica riduzione nel settore dell’aviazione, ugualmente ridurre l’uso dell’aereo è auspicabile e va incoraggiato sostenendo alternative economiche come il treno. Ugualmente cambiamenti sostanziali sono richiesti anche negli stili di vita alimentari, dove studi recenti condotti da EAT Lancet – evidenziano che un consumo di carne compatibile con la neutralità climatica nel 2050 equivale a circa 300 gr di carne a settimana, mentre mediamente un italiano ne consuma il triplo.

Se all’apparenza la riduzione del consumo di carne non comporta un peggioramento, anzi un miglioramento della qualità della vita e della salute nella popolazione occidentale, questo si scontra tuttavia con abitudini e tradizioni molto difficile da modificare.

Ci sono tuttavia settori dove la riduzione è ancora oggettivamente difficile al momento, perchè le soluzioni tecnologiche sono poche o ancora da attuare su larga scala. Sono i settori ad alta intensità carbonica come i cementifici, le acciaierie e in generale l’industria estrattiva e la produzione di materiali come l’alluminio, tutta l’industria mineraria.

Il percorso verso la neutralità climatica presenta quindi ancora molte incognite ed è fondamentale che i settori dove ormai le tecnologie sono mature come quelli per la produzione di energia rinnovabile, l’efficientamento energetico, il cambio di stili alimentari dove i cambiamenti sono possibili, attuabili ed economicamente sostenibili accelerino la transizione.

In aggiunta alcuni aspetti della neutralità climatica al 2050  sono ancora  pieni di incognite: tra questi il ricorso alle cosiddette  NET  o negative emissions technologies, considerate  necessare dall’IPCC nel portafoglio delle azioni di mitigazioni per raggiungere la neutralità climatica. Le NET includono tecnologie e soluzioni che assorbono la CO2 direttamente dall’aria, come le piante e le foreste che  compiono la fotosintesi, la migliore soluzione  per sequestrare l’anidride carbonica. Ci sono  anche tecnologie ancora in fase dimostrativa come le DACS  (Direct Air Capture and Storage) e altre tecnologie  di geoingegneria terrestre e marina ancora in fase sperimentale.

Carbon offsetting o compensazione delle emissioni

È ormai pratica comune per le aziende e per gli individui fare ricorso a progetti di compensazione delle emissioni. La compensazione delle emissioni o carbon offsetting è un insieme di attività, spesso progetti, che riducono o assorbono le emissioni di anidride carbonica, per i quali dopo una certificazione e validazione esterna delle riduzioni, sono emessi dei crediti di carbonio. I crediti sono scambiati a livello nazionale o sono immessi nel mercato internazionale dei crediti di carbonio. La credibilità o meno di questo meccanismo di mitigazione sta nel rigore e integrità ambientale con cui questi progetti sono realizzati. Per esempio alcuni dei criteri di integrità sta nell’addizionalità,  non si sarebbero verificati senza la vendita dei  crediti, che non siano conteggiati più volte, che non rechino danni all’ambiente e che non comportino una riallocazione delle attività più dannose in altri paesi o luoghi (leakage). In sostanza, visto che si tratta di meccanismi volontari, è fondamentale che ci sia un metodologia rigorosa dietro questi scambi e che i crediti siano certificati in modo indipendente.

Nel mercato internazionale i crediti di carbonio più scambiati provengono da attività forestali, come l’afforestazione, l’evitata deforestazione (REDD+ Reduced Emissions from Deforestation and Degradation), il miglioramento della gestione forestale, l’agroforestazione.

In Europa, i crediti di carbonio e la compensazione non sono utilizzati per raggiungere i target obbligatori come quelli  previsti dalla Legge sul Clima e dei Piani clima  nazionali dei paesi europei (National  Energy and Climate  Plans, NECPs). A livello globale invece per paesi come il Brasile, includere i crediti da evitata deforestazione fa la differenza nel raggiungere gli obiettivi climatici nazionali.

Alcuni settori dove la riduzione delle emissioni alla fonte è molto difficile, ricorrono ampliamente al mercato dei crediti di carbonio per ridurre le emissioni. É il caso del settore aereo, per il quale è stato creato un mercato apposito, CORSIA.Corsia è una piattaforma internazionale di crediti di carbonio per compensare le emissioni climalteranti dell’aviazione, dove il ritmo di crescita è tra i più alti  in assoluto.

La compensazione delle emissioni  con i crediti di carbonio è invece largamente utilizzata dalle aziende  grandi e piccole,  che non hanno obblighi  di riduzione  delle emissioni, ma per ragioni di visibilità, di competizione, di obiettivi  interni e di pressione da parte della società civile e delle ONG,  si impegnano  a ridurre  le emissioni. Tuttavia l’offsetting, andrebbe associato a un piano di riduzione interna delle emissioni o insetting, per dimostrare la vera intenzione di agire sui fattori strutturali della filiera aziendale.

Su questo impegno più solido e di lungo periodo, compagnie e società no sono sempre molto trasparenti: alcune compensano le emissioni legate a un prodotto, alcune adottano tecnologie e misure, come efficienza energetica e fonti rinnovabili, per abbattere le emissioni legate ad alcuni  uffici e  sedi, tipicamente nei paesi dove ci sono  molto  incentivi economici, lasciando fuori l’impatto delle filiere di approvvigionamento spesso delocalizzate in molti paesi terzi. Il Carbon Disclosure Project è un‘iniziativa globale che standardizza metodologie e valutazioni delle performance delle aziende su clima, acqua e foreste. Purtroppo ancore molte compagnie sono opache e poco trasparenti non solo sulla misure dei loro impegni dichiarati, ancor più nel monitoraggio e nell’implementazione.   Per  questo motivo è più facile ricorre ai crediti di carbonio e alla compensazione delle emissioni, che non comporta cambiamenti strutturali, tecnologici e organizzativi interni all’azienda ed è anche  sovente attuata  con  l’acquisto di crediti  molto a buon mercato.

Zero carbon

Zero carbon è un altro concetto molto impiegato perché efficace dal punto di vista comunicativo. Significa che un‘attività o un servizio non genera proprio emissioni di gas serra. E’ molto impiegato per alcune tecnologie come il solare e l’eolico, che sono considerata pulite nella fase di esercizio, anche se la produzione della tecnologia e dei materiali in realtà ha un impatto, causato dall’estrazioni del materiali, dalla produzioni dei pannelli e delle pale eoliche. In realtà è molto difficile che un prodotto o un’attività sia interamente zero carbon, quindi è da valutare con cautela se sia green washing o una comunicazione veloce per trasmettere un concetto di low carbon economy .

Zero carbon è diverso da net zero carbon, dove in quest’ultimo caso le emissione nette sono pari a zero, perchè compensate. Per gli individui, possiamo essere net zero carbon perché riduciamo il carbon footprint individuale e compensiamo le emissioni residue ma è quasi impossibile che siamo zero carbon.

Climate positive

Climate positive è l’ultimo termine arrivato nell’affollato portafoglio di concetti che traducono diversi impegni di ridurre le emissioni.

Climate positive significa che si va oltre la neutralità climatica: oltre ad abbattere le emissioni dell’attività aziendale o individuale, si riducono più emissioni di quante se ne produce.

Sono molte ormai le aziende che  si impegnano a diventare climate positive. Una delle  aziende globali che si è impegnata in questa direzione è stata IKEA, che per il 2030  promette di ridurre  più emissioni di quante ne produce. Quanto questi impegni siano credibili, data la complessità  e ramificazioni globali delle filiere di IKEA nel mondo è difficile da  valutare.

A livello aziendale per diventare climate positive si può:

Acquistare crediti di carbonio sul mercato volontario, abbattendo più emissioni di quante ne siano prodotte diventando quindi “positivo” per il clima oppure
Mettere in atto strategie e obiettivi di riutilizzo e circolarità nei prodotti, abbattendo le emissioni legate a nuovi prodotti
Impegnarsi con fornitori e clienti per ridurre le emissioni nelle filiere e nei comportamenti
Sviluppando una filiera interamente a basse emissioni

Per concludere, le opportunità di ridurre le emissioni ormai sono molte e l’approccio migliore è di individuare tutti gli ambiti per ridurre le emissioni alla fonte e ridurre con la compensazione  le emissioni residue, quelle ancora irriducibili, magari superando il net zero e diventando climate positive.  In aiuto è arrivata anche l’Europa  con la proposta di  regolamento contro i Green Claims  e le dichirazione fuorvianti: non si potrà più  etichettare prodotti come naturali, eco, climate neutral  senza una reale  e credibile azione.